“Ti piacerebbe avere dei figli?”
È arrivata anche per me la fatidica domanda. Del resto doveva succedere, prima o poi.
Quando ero un po’ più giovane, tipo due o tre anni fa, le mie amiche più grandi mi dicevano tutte: “vedrai quando arrivi ai 35”.
Un po’ come quelle che ora mi avvertono del prossimo grande varco: i quaranta. Ma per adesso, non pensiamoci, faccio già fatica a gestire l’imminente arrivo dei 35.
E io che, ingenua, pensavo: “ma cosa vuoi che accada!”
E invece, sta accadendo tutto.
Uscire con qualcuno e sentirsi chiedere prima ancora di -che ne so- che cosa mi piace fare nel week-end, se voglio avere dei figli.
E rispondere che non lo so. Perchè davvero non lo so. Certo, mi piacerebbe molto, ma non a tutti i costi. Se avrò la fortuna di trovare un uomo che voglia anche diventare padre, con grande piacere. Altrimenti no. I figli vanno voluti, desiderati, accolti. Non perseguiti.
Devo dire che sto facendo una grande fatica con il passare del tempo. Forse perchè ho quasi 35 anni e non ho tante delle cose che avrei pensato di avere raggiunto a questa età. Certo, ho un lavoro appagante ed una famiglia e tante amiche che mi vogliono molto bene, forse più di quanto io meriti. Però ho paura di non riuscire ad avere “il resto”.
E l’orologio fa tic e tac. Tic e tac. Sempre più forte. E lo vorrei tanto fermare. Ma no posso. Lui va avanti. Inesorabile.
È così ingiusto, penso molto spesso e discuto altrettanto spesso con le mie amiche. È così ingiusto, dicevo, avere una data di scadenza.
Ci sono poche cose che invidio agli uomini che, nella loro diversità, adoro, non fraintendetemi, una di queste è certamente il non “scadere” mai.
Ad un certo punto, noi dobbiamo decidere. Da che parte stare. Se spingere un po’ di più l’accelleratore. Se trovare soluzioni alternative. Se mettercela via.
Gli uomini, generalmente, no. Possono decidere di diventare padri praticamente sempre. Posto che non è una cosa che si decide da soli – ma questa è un’altra conversazione.
Ecco, io vorrei poter decidere sempre. E un po’ lo posso fare, grazie ad esempio all’adozione, o alle tecniche di concepimento più moderne.
Più di tutto, vorrei sentirmi pronta, ad un certo punto. Che poi pronta non lo sarò forse mai. Può essere che io sia troppo egoista. Troppo concentrata su me stessa. O forse sono semplicemente fatalista. Se deve accadere accadrà, dice colei che pensa anche che “you make things happen, things don’t just happen to you“.
E poi penso a mia madre, che alla mia età ha avuto me, e prima di me, altri tre figli. E non si è chiesta mai se fosse pronta. Man mano è arrivato tutto. Io come “regalo inaspettato” e finale.
Ci facciamo troppe domande. E non va bene.
Se ce ne facciamo poche: “ma farti una domanda mai?”
Grazie a dio, l’età di cui sopra, la stessa che mi disturba nel contesto “invecchiamento”, mi viene in soccorso nel reparto “saggezza”.
Si impara a stare più zitti. Ad ascoltare. A contare fino a 10 (su questo io ho ancora molto, molto, molto lavoro da fare!). Soprattutto, si impara ad accettare.
Che non siamo tutti uguali, che abbiamo storie e percorsi diversi. Che dovremmo dare qualche “pass” in più a chi ci sta davanti. Perchè non sappiamo mai che cosa sta vivendo, da dove arriva, e dove sta andando.
Mi vengono i brividi a pensare che da qualche parte in New Jersey sta una provettina dentro ad un qualche contenitore che immagino fatto di metallo, freddo e lucente, che appartiente ad una persona che non c’è più e che potrebbe farmi diventare madre. Con tutte le difficoltà e le complicazioni, anche etiche, del caso.
Un mio caro amico e mentore, mi dice sempre che non devo mai dire e fare cose banali. “Non è da te”, mi dice spesso. Non credo di riuscirci sempre, ma ci provo, con tutto il mio impegno.
E allora, dopo questo articolo che mi costa grande fatica scrivere, vi lascio con questa domanda: ma voi che cosa fareste con la provetta?