PABLO, l’attore argentino

Conosco Pablo ad un wine tasting, una degustazione di vini.  Sono d’accordo per vedere una cara amica, grande amante di vini, in un rooftop bar con vista sull’Empire State Building. 

“Trattasi di vini sudamericani. Un paradiso, per te che adori lo spagnolo, e sei veneta. Vedrai che ci divertiremo.”

Arrivo trafelata da un appuntamento precedente con un cliente che mi sta facendo diventare matta. I miei preferiti. Quelli che, alla fine, danno più soddisfazioni. Accaldata e un po’ svogliata, soprattutto, vestita “da lavoro”, in una versione di me appannata: abitino color panna e le decollate grigio perla, salgo le scale che mi portano all’esterno. Trascino una borsa enorme contenente il computer, la bustina con dentro il mio necessaire di sopravvivenza (salviettine umide,  amuchina, mini-dentifricio, mini-spazzolino da denti, deodorante ed il rossetto rosso), tutti i cavi e cavetti e trasformatori possibili ed immaginabili, le scarpe di ricambio e le chiavi di casa. Il cellulare perennemente in mano. Non sia mi che mi perda qualcosa mentre cammino o attraverso la strada. Siamo fuori? Improponibile.

Vedo Sara da lontano. Ha già attaccato bottone alla grande. Forse forse sono ancora in tempo per voltarmi e dirle che non ce la faccio a venire. Mi batte sul tempo e mi fa segno di avvicinarmi.

Intanto, sorrido. E pensare che io, veneta purosangue con tanto di nonno paterno che produceva vino,  fino all’età di 22 anni ero praticamente astemia.

Poi ho conosciuto Marco, e la mia vita è cambiata. Piano piano ho iniziato ad adorare il vino, prima i bianchi, e poi i rossi, che preferisco per il loro gusto corposo ed intenso. 

Il mio apprezzamento per il vino è stato un crescendo in questi 12 anni. Contemporaneamente, è cresciuto anche l’interesse degli americani verso questa bevanda, che fino ad un decennio fa non era poi così diffusa. Così. io mi diverto a raccontare agli amici americani, che mi guardano con la bocca aperta, tutta la storia della vendemmia in casa Menin, evento che segnava la fine dell’estate e l’approcciarsi del ritorno a scuola. Ogni anno, ad inizio settembre, nonno Peppi guidava la truppa di figli e nipoti dall’alto del suo trattore rosso. Noi ragazzini stavamo sul grande rimorchio dove venivano raccolti i cesti di uva che avevamo precedentemente tagliato con cura e diviso per colore, bianca e nera…

Ma ritorniamo al nostro Pablito. Sara ci sta parlando e me lo presenta. Ci racconta che vive a Palermo, un quartiere di Buenos Aires. Fa l’attore di teatro, in attesa del ruolo della vita. Intanto, aiuta il padre con la gestione dell’azienda di famiglia.

Mi fa provare un Malbec.  E mi chiede se mi piace.

“Te gusta?”

“Pues sí, está buenísimo”, gli dico io.

“Hablas español”?

“Sí, he vivido en Chile”

E da li parte la nostra conversazione. Che finisce con io che gli do il mio bigliettino da visita. E lui che mi scrive la sera stessa. Mi dice che partirà dopo tre giorni e gli farebbe piacere vedermi.

Prontissima all’appello, gli dico: “of course! Ti faccio conoscere un po’ la città e intanto mi racconti com’è vivere a Buenos Aires.” Una città che da tanto ho in mente di visitare…

E cosi’ facciamo. Ci vediamo il giorno dopo. Viene a LIC. Mi arriva con una maglietta del boca, la sua squadra di calcio del cuore. 

Prendiamo il battello, facciamo tutto il giro classico: LIC-Williamburg-Dumbo, con passeggiata finale a Brooklyn Heights al tramonto. Giuro, non l’ho fatto a posta, il destino ha voluto che finissimo intorno a quell’ora. 

Siamo inseparabili per tre giorni. 

La sera prima di partire, mi porta a mangiare una mega bisteccona da El Almacen, un ristorante argentino a Williamsburg. E io la mangio, pur essendo una fishetarian. E la trovo buonissima. 

Prima di andare via, dopo uno splendido bacio appassionato, mi chiede di andarlo a trovare a Buenos Aires. 

Ed io ci penso. Seriamente. 

Un commento Aggiungi il tuo

  1. Alessandra vedove ha detto:

    Partiiiiiiiiiiiiiiiiii

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