A cena l’altra sera si parlava di Monica Lewinsky. Non chiedetemi perchè e come la conversazione sia arrivata a lei.
“Non si è più ripresa” diceva qualcuno. “Sai, dopo quello che le è successo, non è più stata in grado di crearsi una vera vita”. E tutti ad abbassare lo sguardo.
Sono andata a casa. Una doccia fredda per stemperare il calore corporeo. E tutta la frustrazione che da li a poco stava per uscire. Fuori 95 gradi farenheit, circa 35 celsius.
Meglio accendere l’aria condizionata, valà.
Mentra l’acqua scende puntuale e deliziosa, con il profumo di iris che arriva dal salotto, rifletto un secondo sul significato di quella frase. “Non si è più ripresa”. Per tutto c’è un tempo, in questa nostra era digitale. Tocca riprendersi da ogni disgrazia e da ogni splendido accadimento in maniera veloce. Non ci è permessa esitazione alcuna. Bisogna essere sul pezzo. Già avanti.
Sei appena stato mollato/mollata dopo 20 anni di matrimonio? Tempo di ripresa permesso: 6 mesi. Massimo 7, giusto perchè è un bel numero.
Hai perso il lavoro? Tempo di ripresa: 5 mesi. Poi tirati su le manica e fai qualcosa. Anzi, avresti già dovuto iniziare. Re-inventati, scusa! È così semplice…
Il tuo animale domestico non si trova più? 4 settimane. Adottane un altro. Fai anche un’opera di bene…
La tua migliore amica è scappata di casa e non si fa più sentire? 3 mesi. Le amicizie vanno e vengono, la sostituirai presto.
Hai perso una persona cara? Ok. Questa è più seria. 3 mesi per “lamentarti” ti sono concessi. Altri 3 per riprenderti. Al sesto devi essertene fatta una ragione. Se ancora ne partli dopo 1 anno, per piacere, vai dallo piscologo. Nessuno ti vuole ascoltare più. Sei diventata un disco rotto. La vita va avanti sai. E poi mica è successo solo a te.
Mio Dio!
Siamo diventati davvero tutti così ruvidi? Tutti così insensibili?
I tempi di recupero sono diversi, perchè ognuno di noi è un mondo a se.
Non c’è una regola giusta.
La domanda che mi fanno piú spesso è come ho fatto a superare la perdita di Marco. La risposta più onesta che posso dare è che non lo so. E che forse non lo supererò mai appieno. E va bene cosí. It’s all right.
E invece si viene spesso colpevolizzati per la necessità di parlare, di approfondire. Di non dimenticare.
La vita va avanti. Vi diranno. L’hanno detto a me. Io lo dirò ad altri, prima o poi. Perché è inesorabilmente così. Ma vorreste voi essere dimenticati in un battito di ciglia? Io no.