29 agosto 2017. Sara’ una delle date che ricordero’ per sempre. Sono passati giorni, settimane, anni. Un bel pezzettino di vita da quando sono arriva a New York quel 26 maggio del 2006.
E ora ci siamo.
29 agosto 2017. Sono le 5.30 del mattino. Ho messo la sveglia la sera prima, ma alle 5.28 ero sveglissima, con gli occhioni brillantissimi ed un sorriso incredibile. A casa da me ci sono gli zii americani, nati qui. Sono andata ieri a prenderli a Grand Central, appena arrivati dal Connecticut. Oggi diventero’ americana. Anzi, oggi diventero’ italo-americana. Entrero’ a far parte dei milioni di uomini e donne che negli anni hanno cercato fortuna in questo paese incredibile.
Io in realta’ non cercavo nulla, se non un’esperienza a termine. Non avevo minimamente intenzione di rimanere negli Stati Uniti. Avevo altri piani. Come succede spesso, la vita ha deciso per me, a prescindere dalle mie strategie e piani e file exel.
Mentre gli zii e Francesca, la mia roommate, si preparano io chiamo mamma e papa’ che, orgogliosissimi, seguono tutto da casa. Alle 6.45 siamo fuori casa. Giornata grigia, freddina. Facciamo colazione da Canelle dietro casa. Io prendo un muffin alla banana ed un american coffee. Mi sembra la cosa piu’ appropriata oggi!
Chiamo Uber. Arriva Mohammed. Diamo l’indirizzo, direzione: la United States Courhouse di Brooklyn Heights. Appena mi accomodo lo dico a Mohammed: “sono felice! Oggi divento americana!”. Lui ride.
Arriviamo e scopriamo subito che dobbiamo lasciare all’entrata tutti i cellulari. Sia gli American-to-be che familiari ed amici. Questi ultimi sono tutti ad aspettare nella cafeteria, il bar della courthouse, e seguono la cerimonia via video.
Oggi saremo in 250 a diventare americani e veniamo da tutto il mondo. Letteralmente. La stanza che ci accoglie e’ grande, coperta di panneli di legno con i dipinti dei giudici che hanno seduto su quei banchi negli anni. Un enorme murales portato direttamente da Ellis Island ricorda a tutti il passato di questo paese. La cerimonia dura circa 3 ore. La maggior parte della quali sono molto burocratiche ed istituzionali. Fino a che arriva il giudice: Pamela Chen, lei stessa una “child of immigrants” – figlia di immigrati arrivati dalla Cina negli anni .40. Un esempio fantastico di sogno americano: figlia di immigrati e giudice! Tanto di cappello.
Ci alziamo tutti in piedi, alziamo la mano destra e recitiamo l’Oath of Alliance – il Giuramento di Fedelta. E poi mettiamo la mano sul nostro cuore e, guardando la bandiera americana dietro il Giudice Chen, recitiamo Pledge of Alliance – la Promessa di Fedelta’ agli Stati Uniti.
Il Giudice Chen esce, ci risediamo e, uno ad uno, veniamo chiamati a prendere il Certificato di Cittadinanza, che firmiamo. Ed e’ fatta! E’ ufficiale! Siamo cittadini americani!
Esco con un sorriso enorme, il certificato in mano e la mia sciarpa a stelle e striscie intorno al collo. Abbraccio gli zii, i cugini, e Francesca. Abbraccerei chiunque in questo momento, ma avere loro, la mia famiglia qui con me e’ davvero bellissimo! E poi usciamo. Non e’ cambiato niente. Eppure e’ cambiato tutto.
Da oggi sono un American Woman (dal cuore italianissimo!).
OATH OF ALLEGIANCE – Giuramento di fedelta’
“I hereby declare, on oath, that I absolutely and entirely renounce and abjure all allegiance and fidelity to any foreign prince, potentate, state, or sovereignty, of whom or which I have heretofore been a subject or citizen; that I will support and defend the Constitution and laws of the United States of America against all enemies, foreign and domestic; that I will bear true faith and allegiance to the same; that I will bear arms on behalf of the United States when required by the law; that I will perform noncombatant service in the Armed Forces of the United States when required by the law; that I will perform work of national importance under civilian direction when required by the law; and that I take this obligation freely, without any mental reservation or purpose of evasion; so help me God.”

